Music in formation
Organico: flessibile
Una prospettiva diversa sulla sperimentazione musicale
L’obiettivo di questa performance musicale è sperimentare con un formato che infrange deliberatamente gli schemi del concerto, senza pertanto modificare il nostro modo di lavorare come musicisti.
Infatti, non aggiungeremo nulla per rendere la nostra musica più accattivante. Non cercheremo di modificare il formato del concerto. Al contrario, lo bypasseremo completamente per costruire un nuovo tipo di performance da zero.
Vogliamo fare musica come sempre, senza che sia un concerto. Ma come?
Perché un ensemble possa presentare un concerto di buona qualità, è necessario fare delle prove. Le prove sono indispensabili per qualsiasi performance concertistica, poiché costituiscono il processo di creazione artistica che porta a un risultato finale.
La nostra scommessa è rendere questo processo la performance stessa, dandoci la libertà di perfezionare un brano musicale allo stesso tempo che lo presentiamo al pubblico.
In questo modo non cercheremo di riprodurre un risultato già raggiunto durante il processo di prova, ma piuttosto di plasmare qualcosa di nuovo, unico e forse sorprendente sul momento. Mostrando al pubblico non solo il prodotto finale, vogliamo permettere loro di vivere il processo creativo stesso, ciò che c’è da affinare e cosa significa navigare attraverso un mare di possibilità artistiche, facendo scelte e compromessi, trovando il nostro percorso.
Una tale performance metterà in discussione le aspettative di perfezione immediata e la formalità acquisita che caratterizzano l’ambiente del concerto tradizionale, rendendolo rigido e scomodo per alcuni, a partire da noi musicisti.
Il tipo di concerto a cui siamo abituati non è sempre stato così, però. Mentre cerchiamo di sviluppare un formato innovativo, ci stiamo forse avvicinando a uno spirito più storico.
Può forse il nostro esperimento risvegliare la consapevolezza del potenziale dell’individualità artistica nella musica, in un’epoca di replicabilità generalizzata? O infondere entusiasmo per la nostra attività di interpreti della “musica antica”, al di là dell’aspetto di conservazione culturale?